FAQ

Per sapere di più



In questa sezione alcune domande frequenti e relative risposte redatte a cura del dottor Pietro Cignini, ginecologo ed ostetrico. Gli esami da fare in gravidanza, le diverse tipologie di screening prenatali, e ancora temi quali la fertilità di coppia e la gravidanza sono affontati in maniera diretta e al tempo stesso comprensibile.

Sfoglia le nostre faq, categoria per categoria e approfondisci le diverse tematiche.

I controlli principali da effettuare in gravidanza riguardano l'ecografia del primo trimestre, l'ecografia morfologica, il bitest e la traslucenza nucale, il DNA fetale su sangue materno, il test integrato.

Si tratta di esami non invasivi, che, soprattutto se eseguiti insieme, permettono di valutare con un'alta attendibilità la percentuale di rischio di anomalie del feto, sia di carattere morfologico che cromosomico.

Ad esempio, attraverso l'ecografia del primo trimestre, e grazie all'esperienza degli operatori e al continuo miglioramento della tecnologia, si potranno avere delle informazioni attendibili circa il buon sviluppo dell'anatomia fetale, potendo quindi già individuare alcune gravi malformazioni in epoca precoce.

Lo screening morfologico delle anomalie strutturali fetali si esegue dalla 20 settimana + 0 giorni sino alla 22^ settimana di gravidanza. Essa rappresenta un'importante tappa della diagnostica prenatale nel percorso di una gravidanza poiché può mettere in evidenza delle alterazioni morfologiche fetali. Tuttavia la finalità di questo esame non si limita alla diagnosi di eventuali malformazioni fetali. Lo screening morfologico è utilizzato per:

• verificare l'anatomia di un bambino
• misurare la crescita di un bambino, compreso la testa e il cervello, corpo e gli arti
• controllare l'anatomia degli organi e degli arti per la ricerca di eventuali anomalie
• controllare e misurare la quantità del liquido amniotico
• identificare il sesso dei nascituri
• mostrare immagini in 3D / 4D

Durante lo screening morfologico sarà possibile vedere il corpo, le braccia, le gambe e le caratteristiche del viso. Il medico ecografista ispezionerà l'anatomia del vostro bambino e ne studierà gli organi interni, spiegando le immagini sullo schermo. Se la coppia lo desidera sarà possibile anche sapere il sesso del bambino. Di tutta l'ecografia verrà rilasciata una documentazione iconografica.

Il bitest viene eseguito, in genere, tra la 11a e la 14a settimana. Tramite il bitest, attraverso un semplice prelievo di sangue materno vengono analizzate due sostanze: la frazione libera della subunità beta della gonadotropina corionica (BhCG) e la plasmaproteina A (PAPP-A, Pregnancy-Associated Plasma Protein). Poichè queste due sostanza subiscono variazioni in presenza di anomalie cromosomiche del feto, sarà possibile avere indizi circa possibili anomalie fetali (quali ad esempio la Sindrome di Down).

Poiché tuttavia il bitest se eseguito da solo ha una bassa attendibilità, l'esame va sempre abbinato alla translucenza nucale.
La translucenza nucale consiste invece, nel misurare, tramite un esame ecografico, lo spessore di una minuscola falda di liquido - a livello della nuca - posta fra la cute e la colonna vertebrale del feto. Tale esame può essere eseguito solo dalla 11a alla 14a settimana di gestazione, poiché in questo periodo questa minuscola falda è di migliore visualizzazione.

La combinazione tra trasclucenza nucale ed un'ecografia precoce è fondamentale per individuare tempestivamente eventuali anomalie fetali di carattere cromosomico.

Tra le anomalie che è possibile indagare, per esempio, la sindrome di Down, che è individuabile sin dalle prime settimane di gestazione. Anche in questo caso la diagnosi non è certa, ma è indicativa del rischio, non solo per anomalie cromosomiche ma anche per cardiopatie congenite, anomalie scheletriche ed altre anomalie genetiche. Se eseguita secondo le regole della Fetal Medicine Foundation, la translucenza nucale ha una "sensibilità" dell'80%. Quando poi questa indagine è abbinata al bitest, l'attendibilità può raggiungere quindi il 90-95%.
In presenza di rischio aumentato si potrà procedere quindi con altri testi diagnostici come la villocentesi e l'amniocentesi.

E' stato dimostrato che, a partire dal primo trimestre di gravidanza, è presente nel circolo ematico materno DNA libero di origine fetale (cell free fetal DNA, cffDNA), che può essere recuperato in maniera non-invasiva ed utilizzato per lo studio probabilistico di alcune patologie fetali. Il cfDNA origina dalla lisi delle cellule materne e placentari.

A partire dalla V settimana di amenorrea, il citotrofoblasto placentare si àncora alla decidua parietale uterina, le arterie spirali deciduali irrorano le lacune presenti tra la decidua e la placenta, il citotrofoblasto invade e tappezza le pareti delle arterie uterine spiraliformi e le rimodella. Il ricambio delle cellule del trofoblasto, che ricopre le pareti delle arterie spiraliformi, mediato dalle citochine, libera il DNA. I frammenti di DNA fetale degradato contengono circa 180 paia di basi (bp) e sono sospesi nel plasma arterioso. Il cffDNA può essere isolato precocemente a partire dalla X settimana, quando raggiunge quantità sufficienti per il potenziale impiego clinico.

Esso presenta un'alta attendibilità per la sindrome di Down, di Edwards e di Patau. Secondo le linee guida del Ministero della Salute va comunque eseguito contestualmente ad una ecografia.

L'amniocentesi. Durante questa procedura, un campione del liquido che circonda e protegge il bambino durante la gravidanza (liquido amniotico) viene prelevato dall'utero. Tipicamente fatto dopo la settimana 15 di gravidanza, l'amniocentesi è in grado di identificare alcune condizioni genetiche e cromosomiche molto importanti.

Si tratta di accertamenti da eseguire nelle coppie "a rischio". In questi casi la diagnosi genetica va a esplorare proprio quella che si ritiene essere la patologia con un maggior rischio di ricorrenza nella coppia o, per la quale, esistono segni ecografici tali da indicarne l'opportunità di ricerca.

Quanto ai rischi, gli studi attuali mostrano che l'incidenza di abortività spontanea, natimortalità, e mortalità neonatale non sono statisticamente differenti nel gruppo sottoposto ad amniocentesi rispetto a chi non la esegue . In altri termini chi si sottopone ad amniocentesi non ha un rischio aggiuntivo rispetto a chi non la esegue.

Le complicanze più frequentemente osservate dopo l'amniocentesi risultano essere l'aborto e la rottura del sacco amniotico.

La rottura del sacco amniotico nella stragrande maggioranza dei casi guarisce da sola. Non e' necessario in genere altro che un modesto riposo, e talvolta una blanda terapia antibiotica e tocolitica (terapia contro le contrazioni). Per quanto attiene l'aborto , invece, la letteratura più recente dimostra come questo rischio, nei vari centri del mondo si aggiri intorno allo 0,1%. Ovviamente tale rischio e' cosi basso, solo quando eseguita da operatori esperti e comunque sotto profilassi antibiotica.

La villocentesi, o prelievo dei villi coriali (CVS), consiste nel prelievo di un campione di cellule viene prelevato dalla placenta. Tipicamente fatto tra le settimane 10 e 12 di gravidanza, CVS in grado di identificare alcune condizioni genetiche e cromosomiche al pari dell'amniocentesi. I villi coriali sono delle strutture che compongono la maggior parte della placenta e che condividono il patrimonio genetico del bambino.

Al pari dell'amniocentesi pertanto può fornire le stesse informazioni diagnostiche (non sarà pertanto necessari eseguire anche l'amniocentesi) e si esegue sempre attraverso un prelievo per via addominale come per l'amniocentesi.

Si esegue prima dell'amniocentesi tra la 11^ settimana e la 14^ settimana di gestazione e per il tipo di prelievo (non si entra nel sacco gestazionale) non si esegue la profilassi antibiotica prima della sua esecuzione. Il rischio di aborto da circa 10 anni si è notevolmente ridotto e secondo la letteratura scientifica oggi è quasi sovrapponibile a quello dell'amniocentesi.

In passato il più alto tasso di aborto rilevato in corso di villocentesi si è capito essere dovuto al rischio "intrinseco" di abortività spontanea già presente al I trimestre di gravidanza.
Ovviamente tale rischio e' cosi basso, solo quando eseguita da operatori esperti ed in strutture adeguate.